I rimborsi spese erogati dall’azienda ai dipendenti o ai collaboratori che abbiano effettuato una trasferta sono componenti negativi di reddito fiscalmente deducibili se inerenti l’attività aziendale: la normativa fiscale, in particolare l’art. 95 comma 3 del Tuir, introduce alcune limitazioni alla deducibilità delle spese di vitto e alloggio a seconda della tipologia di rimborso che viene erogato.
Come già abbiamo avuto modo di analizzare, i rimborsi delle spese di vitto ed alloggio relativi a trasferte di dipendenti o collaboratori possono infatti essere riconosciuti secondo tre diversi sistemi:
- Il rimborso a piè di lista (o analitico);
- il rimborso forfettario;
- il rimborso misto (in parte analitico e in parte forfetario).
Rimborso a piè di lista o analitico: deducibilità dal reddito d’impresa
L’art. 95 comma 3 Tuir disciplina la deducibilità dal reddito d’impresa del rimborso analitico (o a piè di lista), stabilendo che:
“Le spese di vitto e alloggio sostenute per le trasferte effettuate fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti e dai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa sono ammesse in deduzione per un ammontare giornaliero non superiore ad euro 180,76; il predetto limite e’ elevato ad euro 258,23 per le trasferte all’estero…”.
Le spese di vitto e alloggio (ristoranti e alberghi) sono quindi deducibili:
- nel limite di euro 180,76 (giornaliere) qualora la trasferta sia effettuata fuori dal territorio comunale;
- nel limite di euro 258,23 (giornaliere) nel caso in cui la trasferta sia all’estero.
Sono esclusi da tali limiti i rimborsi delle spese di vitto e alloggio relativi a trasferte nell’ambito del territorio comunale, in quanto gli importi rimborsati sono imponibili in capo al lavoratore. Saranno però deducibili per il datore di lavoro nella misura del 75% del loro ammontare.
I limiti alla deducibilità sopra indicata sono posti per evitare che le spese assumano importi eccessivamente elevati e non siano pertanto ragionevoli: si pensi ad un dipendente che per una trasferta spende 300€ al giorno di albergo e 150€ di ristorante, l’importo che gli sarà rimborsato (450€) non sarà per lui imponibile (non costituirà reddito), se dettagliatamente comprovato e documentato, ma per l’azienda la deduzione non potrà superare il limite di 180,76€ (258,23€ se trasferta all’estero).
Le spese sostenute per il viaggio sono invece totalmente deducibili (es. biglietti aerei e del treno).
Nel caso in cui il dipendente utilizzi per la trasferta un suo veicolo, o un veicolo noleggiato, potrà essere dedotto dal reddito d’impresa il costo di percorrenza relativo ad autoveicoli di potenza non superiore a 17 cavalli fiscali o a 20 se diesel, così come stabiliti dalle tabelle ACI.
Al fine di poter ottenere il rimborso il lavoratore dovrà presentare apposita nota spese, allegando alla stessa tutti i documenti giustificativi, come fatture, scontrini, ricevute, biglietti aerei, di taxi, di treno.
Rimborso forfettario: deducibilità dal reddito d’impresa
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I limiti previsti devono ritenersi operanti esclusivamente con riferimento ai rimborsi effettuati a piè di lista (o analitici) e non anche ai rimborsi forfetari.
Nel caso di rimborsi forfettari il datore di lavoro eroga al dipendente un’indennità di trasferta forfetaria che lo indennizza delle spese sostenute per il vitto e alloggio.
In tal caso il dipendente non è tenuto a comprovare la spesa sostenuta: per tali motivi non dovrà produrre né fatture né note spese o altri documenti giustificativi, con notevole semplificazione dal punto di vista operativo.
A differenza dei rimborsi analitici prima analizzati, nel caso dei rimborsi forfettari non è previsto in capo all’azienda alcun limite massimo di deducibilità.
Ricordiamo che in capo al dipendente le indennità di trasferta forfetarie sono escluse dall’imponibile:
- sino ad un limite di € 46,48 giornalieri per le trasferte fuori dal territorio comunale ma nell’ambito del territorio italiano;
- sino ad un limite di € 77,46 giornalieri per le trasferte all’estero.
L’importo più elevato eventualmente erogato sarà tassato in capo al dipendente, mentre per il datore di lavoro sarà integralmente deducibile senza limitazioni. Sono esclusi in ogni caso da tassazione i rimborsi relativi alle spese di viaggio.
Rimborso misto: deducibilità dal reddito d’impresa
Il rimborso misto delle spese di trasferta comporta in sostanza il riconoscimento contestuale al dipendente di entrambe le tipologie di rimborso:
- l’indennità forfetaria di trasferta;
- il rimborso analitico di spese a piè di lista.
Come precisato dalla stessa Agenzia delle entrate (si veda la C.M. n. 188/1998) anche ai rimborsi misti non si applicano i limiti di deducibilità stabiliti dall’art. 95 comma 3 del Tuir (ovvero quelli applicabili per il rimborso analitico); ne consegue che, se il datore di lavoro sceglie un sistema di rimborso misto potrà beneficiare della deducibilità integrale delle spese di trasferta (analogamente quindi al sistema di rimborso forfetario).
Dottore Commercialista e Revisore contabile a Trieste, se mi avessero domandato ai tempi dell’università “cosa farai da grande” non avrei mai risposto “il dottore commercialista”: ed invece ...
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